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La copertina del numero di dicembre di “Pense & Maravee”

Il colore verde chiaro consente di individuare i boschi collettivi delle Comunità di Gemona e Ospedaletto
Continua il dibattito sulla gestione dei Beni civici nel centro friulano
IL BOSCO DEI GEMONESI
La Comunità possiede 1400 ettari di boschi e pascoli in proprietà collettiva

[“Pense & Maravee” - dicembre 2013 - n. 92]
Nell’ultimo numero dell’anno trascorso, il periodico bimestrale gemonese “Pense & Maravee” ha nuovamente affrontato il tema dei Beni collettivi di Gemona e della loro gestione.
La redazione ha intervistato Rino Gubiani, docente di Meccanizzazione agro forestale all’Università del Friuli, presso il Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali.
Riproduciamo il servizio dal sito web della rivista www.pensemaravee.it.


Il bosco dei Gemonesi
Una risorsa o un peso?

Intervista a Rino Gubiani a cura della redazione

P&M: Si parla spesso di utilizzazione del bosco nel comune di Gemona. Quale consistenza ha questo bosco ed è possibile sfruttarlo?
R. G.: Gli abitanti di Gemona per quasi 500 anni hanno sfruttato il proprio territorio, specialmente quello che dalla valle di Ledis arriva fino a sella Tacia, sia per l’alpeggio, date le numerose malghe presenti, che per il bosco.
Questa utilizzazione è praticamente cessata nel periodo che va dagli anni 1950 al 1960, quando tutte le malghe sono state abbandonate e c’è stato l’ultimo consistente esbosco. Oggi la necessità di ricercare fonti rinnovabili ma, soprattutto la crisi economica, hanno riportato in evidenza la possibilità di utilizzare tutte le risorse del proprio territorio tra cui il bosco.
Il bosco è per la maggior parte una proprietà collettiva dei gemonesi, gestito fino ad ora dal comune, e si estende su una superficie di 1552 ha, ai quali si devono aggiungere, però, i boschi di proprietà privata. La massa totale del legname attualmente è pari a 205.444 mc mentre la massa ritraibile dal piano di assestamento forestale (piano del 2001-2012 con durata di 12 anni) è ancora di circa 7.500 mc, che rappresentano la metà rispetto a quella finora esboscata e questo significa che effettivamente, allo stato attuale, non è molto conveniente. L’incremento annuo del bosco è del 2,6%: ciò significa che anche tagliandone 5000 mc annui, la consistenza del bosco rimarrebbe la stessa; attualmente il piano di assestamento destina al taglio poco più di 1000 mc. Lo sfruttamento del bosco è reso difficile non tanto dalla mancanza da una viabilità interna, che è pari a 18,95 m/ha, quindi buona (anche se l’ottimale sarebbe di 40 m/ha), ma dal fatto che la strada per Musi e Tarcento è troppo lunga e non percorribile con autocarri pesanti; ciò rende non remunerativo l’esbosco non trattandosi, fra l’altro, di una foresta con legname di pregio tipo quella di Tarvisio, per esempio.
Per avere una foresta di pregio è necessario coltivarla per lungo tempo, ci vorranno pertanto, almeno altri 50 anni. È necessario quindi trovare una via più breve per il trasporto del legname, e una soluzione potrebbe essere una teleferica fissa con due piazzali di servizio, uno ad esempio a livello dell’attuale chiesa e l’altro in Plan di Muini.

P&M: Qual è l’impatto ambientale e sul paesaggio di queste eventuali opere e dell’esbosco?
R.G.: L’esbosco ha la funzione non solo di sfruttare il bosco ma anche quello di valorizzarlo in una prospettiva futura lasciando più spazio alle piante di maggiore pregio.
Le strade aprono spazi nel bosco, ma possono essere utili sia per creare maggiore penetrazione della luce, che in caso di incendio come vie tagliafuoco. D’altra parte, anche per la continuazione dell’attuale strada fino alla chiesa, c’è stata un certa opposizione e penso che non sarà facile anche nel caso si tratti di costruire un piazzale di accatastamento e la teleferica. Ma d’altra parte se si vuole sfruttare il bosco in modo conveniente, ci vogliono alcune strutture logistiche, altrimenti è necessario cambiare destinazione d’uso.

P&M: Perché si parla di questa ipotesi di costruire una centrale termica?
R.G.: Quando si parla di sfruttare le biomasse del bosco per l’energia è meglio partire dal fatto di avere una domanda possibilmente elevata e distribuita durante tutto l’anno. Le centrali a cippato infatti costano molto di più di quelle a metano, ad esempio, e sono convenienti solo se funzionano per lunghi periodi e a regime costante: in queste condizioni, infatti, si riescono ad ammortizzare in tempi ragionevoli. L’ipotesi migliore è che la centrale fornisca solo calore con un rendimento che può essere di circa il 90% rispetto all’ipotesi di cogenerazione che presenta un rendimento elettrico molto basso (intorno al 15%) e può essere non sostenibile sul lungo periodo. Il vantaggio delle centrale consiste nel fatto che l’ente (ditta, cooperativa, ecc..) che effettua l’esbosco ha la convenienza solo quando si ha molto legname di pregio (per edilizia, mobili, ecc,) cioè circa 70% da opera ed il 30% da cippato, quindi con un valore medio che può essere stimato di 70-80 euro/mc. Dato che il bosco in questione attualmente non ha ancora tali caratteristiche e mediamente può valere sui 20-30 euro/mc la convenienza non è sicura. Se però supponiamo di coprire l’intera filiera e quindi non si vende il legname a euro/mc ma si vende energia termica, supponiamo 100 euro/MWh, allora la possibilità di avere un certo margine di guadagno è più alta.
L’ipotesi è quindi quella di fare un contratto, ad esempio per 10 anni, per la fornitura di calore all’ospedale, alla piscina e ad alcune scuole che risulterebbe vantaggioso per tutti sapendo che il solo ospedale e la piscina consumano circa 700.000 mc/anno di metano con un minimo estivo di circa 30.000 mc. Quindi si tratterebbe di costruire una centrale che sostituisca circa 40.000 mc di metano al mese (703 kW di potenza) che consumerebbe 1060 t/anno equivalenti a circa 1200-1500 mc/anno di legname che sono sostenibili dal bosco per un lungo periodo.

P&M: Cosa pensa dell’ipotesi Fantoni, ovvero della vendita dell’intera biomassa a questa azienda?
R.G.: Fantoni è una delle famiglie più prestigiose di Gemona che sicuramente ha a cuore il destino del nostro territorio e possiede uno dei più grandi stabilimenti in Italia per la produzione di pannelli, che consuma circa un milione di m3 all’anno di legname. L’amministrazione comunale ha un occhio di riguardo per questa ipotesi ma, a mio parere, bisognerebbe chiarire alcuni passaggi prima di vendere tutto a Fantoni. Se Fantoni fa un contratto a dieci anni ad un prezzo intorno a quello di stima (cioè circa 20-30 euro/m3) l’affare sicuramente si può fare. Però se, come alcuni amministratori della ditta hanno dichiarato, il prezzo dipende dal prezzo del mercato internazionale del legno, al limite quindi di 5-10 euro/m3, senza nessuna garanzia nel tempo, allora i vantaggi di questa ipotesi sono pochi rispetto a quella di costruire una centrale termica.