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"La Vicìnia"
Setembar dal 2004
 

La democrazie de aghe seont Vandana shiva
ACQUA BENE COMUNE

[Vandana Shiva, tal volum: “Le guerre dell’acqua” (“Feltrinelli”, Milan 2003)]


A chi appartiene l’acqua? È una proprietà privata o un bene pubblico? Quali diritti hanno, o dovrebbero avere, le persone? Quali sono i diritti dello Stato? Quali quelli delle imprese e degli interessi commerciali?
Nel corso della storia tutte le società si sono poste questi interrogativi fondamentali. Oggi ci troviamo di fronte a una crisi planetaria dell’acqua, che minaccia di aggravarsi nei prossimi decenni. Il peggioramento della crisi è accompagnato da nuove iniziative per ridefinire i diritti sull’acqua. L’economia globalizzata sta cambiando la definizione di acqua da bene pubblico a proprietà privata, una merce che si può estrarre e commerciare liberamente. L’ordine economico globale chiede la rimozione di tutti i vincoli e le normative sull’uso dell’acqua e l’istituzione di un mercato di questo bene. I sostenitori del libero commercio dell’acqua vedono i diritti di proprietà privata come unica alternativa alla libertà statale e i liberi mercati come il solo sostituto alla regolamentazione burocratica delle risorse idriche.
Più di qualsiasi altra risorsa, l’acqua deve rimanere un bene pubblico e necessita di una gestione comune. In effetti, in gran parte delle società, ne è esclusa la proprietà privata. Testi antichi come le “Institutiones” di Giustiniano indicano che l’acqua e altre fonti naturali sono beni pubblici: «Per legge di natura questi elementi sono comuni a tutta l’umanità: l’aria, l’acqua dolce, il mare, e quindi le sponde del mare». In Paesi come l’India, lo spazio, l’aria, l’acqua e l’energia sono tradizionalmente considerati esterni ai rapporti di proprietà. Nelle tradizioni islamiche, la Sharia, che originariamente connotava il «cammino verso l’acqua», fornisce la base fondamentale per il diritto all’acqua. Gli stessi Stati Uniti hanno avuto molti sostenitori dell’acqua come bene comune. «L’acqua è un elemento mobile, itinerante, e deve pertanto continuare a essere un bene comune per legge di natura», scriveva William Blackstone, «così che io posso averne solo una proprietà di carattere temporaneo, transitorio, usufruttuario». L’introduzione delle moderne tecnologie di estrazione ha accresciuto il ruolo della stato nella gestione dell’acqua. Man mano che le nuove tecnologie soppiantano i sistemi di autogestione, le strutture democratiche di controllo da parte delle popolazioni si deteriorano e il loro ruolo nella conservazione si riduce.
Con la globalizzazione e la privatizzazione delle risorse idriche, si rafforza il tentativo di erodere completamente i diritti dei popoli e rimpiazzare la proprietà collettiva con il controllo delle grandi aziende. Il fatto che al di là dello stato e del mercato esistano comunità di persone in carne e ossa con bisogni concreti è qualcosa che, nella corsa, alla privatizzazione, viene spesso dimenticata (...). I diritti all’acqua come i diritti naturali non nascono con lo stato: scaturiscono da un dato consenso ecologico all’esistenza umana. In quanto diritti naturali, quelli dell’acqua sono diritti di usufrutto; l’acqua può essere utilizzata ma non posseduta. Gli esseri umani hanno il diritto alla vita e alle risorse che la sostengono, e tra queste c’è l’acqua. Il suo essere indispensabile alla vita è il motivo per cui, secondo le leggi consuetudinarie, il diritto ad accedervi è stato accettato come un fatto naturale, sociale: «Il fatto che il diritto all’acqua sia presente in tutte le legislazioni antiche, comprese le nostre dharmasastra e le leggi islamiche, e il fatto che tali norme continuino a sussistere come leggi consuetudinarie nell’epoca moderna, contraddicono l’idea che quelli sull’acqua siano diritti puramente giuridici, ossia garantiti dallo stato o dalla legge» (Chattarpati Singh Water and law) (...). Quelli che seguono sono 9 principi che stanno alla base della democrazia dell’acqua:
1. L’acqua è un dono della natura. Noi riceviamo l’acqua gratuitamente dalla natura. È nostro dovere nei confronti della natura usare questo dono secondo le nostre esigenze di sostentamento, mantenerlo pulito e in quantità adeguata. Le deviazioni che creano regioni aride o allagate violano il principio della democrazia ecologica.
2. L’acqua è essenziale alla vita. L’acqua è la fonte della vita per tutte le specie. Tutte le specie e tutti gli ecosistemi hanno il diritto alla loro quota di acqua sul pianeta.
3. La vita è interconnessa mediante l’acqua. L’acqua connette tutti gli esseri umani e ogni parte del pianeta attraverso il suo ciclo. Noi tutti abbiamo il dovere di assicurare che le nostre azioni non provochino danni ad altre specie e ad altre persone.
4. L’acqua dev’essere gratuita per le esigenze di sostentamento. Poiché la natura ci concede l’uso gratuito dell’acqua, comprarla e venderla per ricavarne profitto viola il nostro insito diritto al dono della natura e sottrae ai poveri i loro diritti umani.
5. L’acqua è limitata ed è soggetta a esaurimento. L’acqua è limitata e può esaurirsi se usata in maniera non sostenibile. Nell’uso non sostenibile rientra il prelevarne dall’ecosistema più di quanto la natura possa rifonderne (non sostenibilità ecologica) e il consumarne più della propria legittima quota dai diritti degli altri a una giusta parte (non sostenibilità sociale).
6. L’acqua dev’essere conservata. Ognuno ha il dovere di conservare l’acqua e usarla in maniera sostenibile, entro limiti ecologici ed equi.
7. L’acqua è un bene comune. L’acqua non è un’invenzione umana. Non può essere confinata e non ha confini.
È per natura un bene comune. Non può essere posseduta come proprietà privata e venduta come merce.
8. Nessuno ha il diritto di distruggerla. Nessuno ha il diritto di impiegare in eccesso, abusare, sprecare o inquinare i sistemi di circolazione dell’acqua. I permessi di inquinamento commerciabili violano il principio dell’uso equo e sostenibile.
9. L’acqua non è sostituibile. L’acqua è intrinsecamente diversa da altre risorse e prodotti. Non può essere trattata come una merce.