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"La Vicìnia"
Lui dal 2017
 

L’assessore regionale Infrastrutture e Territorio, Mariagrazia Santoro (prima da destra), al convegno “Piano paesaggistico regionale (“Ppr”) del Friuli-V. G. Contenuti e strumenti di consultazione”, nel dicembre 2016 a Udine, con il direttore del Servizio regionale tutela del paesaggio e biodiversità, Chiara Bertolini, e il professor Mauro Pascolini dell’Università friulana, che ha collaborato nell’elaborazione del “Ppr”
Sul “Piano paesaggistico regionale” si sono svolte le audizioni nella IV Commissione del Consiglio regionale
SENZA COMUNITà E SENZA AGRICOLTURA NON ESISTE PAESAGGIO
Il documento presentato a Trieste dal Coordinamento della Proprietà collettiva in Friuli-V. G.

[M. Z.]
«Se, finalmente, sarà data piena e concreta applicazione ai principi costituzionali e alle puntuali indicazioni del “Codice dei Beni culturali e del Paesaggio” riguardanti gli Assetti fondiari collettivi (altresì denominati Proprietà collettive o Domini collettivi), l’attesa approvazione del “Piano paesaggistico regionale” consentirà uno straordinario e inedito coinvolgimento delle Comunità territoriali nell’attiva e consapevole protezione e valorizzazione di una vastissima porzione di territorio»: hanno esordito così i portavoce del Coordinamento regionale della Proprietà collettiva, intervenendo dinanzi alla IV Commissione del Consiglio regionale, convocata il 24 luglio a Trieste, nell’ambito del percorso istituzionale finalizzato all’adozione del “Piano paesaggistico regionale”.
Il Coordinamento era rappresentato da Piergiuseppe Bravin e da Luca Nazzi. In rappresentanza della Comunanza agraria “Agrarna skupnost”, c’erano Vladimir Vremec, che ha richiesto un confronto più approfondito con la propria organizzazione per quanto riguarda la gestione del Carso, e Carlo Grgic.
Per l’occasione, i rappresentanti delle Proprietà collettive friulane e slovene hanno elaborato il documento “Senza Comunità e senza agricoltura non esiste paesaggio”, che pubblichiamo integralmente.
Nel corso dell’audizione con la IV Commissione, le questioni del riconoscimento e della gestione delle «aree assegnate alle università agrarie e zone gravate di usi civici» (così come gli Assetti fondiari collettivi sono denominati dal “Codice dei Beni culturali e del Paesaggio”, che ne stabilisce “ex lege” la tutela paesaggistica), sono state sottolineate anche dall’assessore alla Pianificazione territoriale, Mariagrazia Santoro (secondo la quale si tratta di una «questione serissima» per cui ha auspicato che, nel recepimento del Piano, i Comuni si impegnino concretamente ad individuare le aree soggette a uso civico), e dai portavoce della Federazione regionale degli Ingegneri (per la quale dovrebbe essere il il “Ppr” a provvedere all’individuazione e alla perimetrazione di tutti i Beni collettivi sottoposti a tutela) e della Coldiretti (che ha richiamato l’attenzione su un’eccessiva proliferazione di divieti riguardanti la gestione dei Beni gravati da usi civici).
La documentazione inerente il Piano paesaggistico regionale è dispnibile all’indirizzo: www.regione.fvg.it/rafvg/cms/RAFVG/ambiente-territorio/tutela-ambiente-gestione-risorse-naturali/FOGLIA200/FOGLIA2/.


SENZA COMUNITÀ E SENZA AGRICOLTURA
NON ESISTE PAESAGGIO

«Il Paesaggio infatti non è la natura: è il risultato dell’intervento dell’uomo sulla natura, della sua capacità di prendersi cura dei luoghi, di comprenderli e di amarli»

Massimo Libardi, storico


Egregio Signor Presidente
Gentili Signore/Egregi Signori Componenti
della IV Commissione,

se, finalmente, sarà data piena e concreta applicazione ai principi costituzionali (articoli 2, 3, 9, 42, 43 e 118 Cost.) e alle puntuali indicazioni del “Codice dei Beni culturali e del Paesaggio” riguardanti gli Assetti fondiari collettivi (altresì denominati Proprietà collettive o Domini collettivi), l’attesa approvazione del “Piano paesaggistico regionale” consentirà, anche in Friuli e in provincia di Trieste, uno straordinario e inedito coinvolgimento delle Comunità territoriali nell’attiva e consapevole protezione e valorizzazione di una vastissima porzione di territorio.

Con tale certezza, il Coordinamento regionale della Proprietà collettiva, insieme alle Amministrazioni frazionali e alle Comunioni familiari attive in regione, ha preso parte attivamente al Processo partecipativo avviato dall’Amministrazione regionale per la redazione del “Piano paesaggistico”, ricordando e documentando, in ogni sede, 3 principi:
1. Gli Assetti fondiari collettivi sono sottoposti “ex lege” alla tutela paesaggistica. Ciò fin dalla lett. h dell’art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431 (“Legge Galasso”), poi trasfusa nella lett. h dell’art. 142 del D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 41 (“Codice dei Beni culturali e del Paesaggio”).
La spiccata valenza ambientale della Proprietà collettiva, inoltre, è stata ribadita e precisata a più riprese dalla Corte costituzionale.
2. La norma paesaggistica denomina gli Assetti fondiari collettivi «aree assegnate alle università agrarie e zone gravate di usi civici», con ciò comprendendo esplicitamente sia le cosiddette Proprietà collettive “aperte” sia le cosiddette Proprietà collettive “chiuse”, come ha precisato il Ministero per i Beni e le attività culturali nei documenti che guidano la Pianificazione paesaggistica e la collaborazione istituzionale fra Stato e Regioni nella redazione dei “Piani paesaggistici”.
3. I documenti ministeriali, sulla scorta dei diversi pronunciamenti della Corte costituzionale, precisano lo spirito e i limiti della protezione prevista dal “Codice dei Beni culturali e del Paesaggio” per gli Assetti fondiari collettivi e, di conseguenza, anche dal “Piano paesaggistico regionale”. In particolare, si afferma chiaramente che la «inclusione degli ambiti territoriali gravati da uso civico tra quelli tutelati dal Codice implica il riconoscimento del ruolo essenziale che le gestioni delle comunità locali hanno avuto nella storia e conformazione del paesaggio» e che i «beni gravati da uso civico sono vincolati allo svolgimento di attività agro-silvo-pastorali e delle attività ad esse connesse», prevedendo anche «nuovi usi» a patto, tuttavia, che siano «compatibili con la loro destinazione agro-silvo-pastorale».

Purtroppo, il processo di redazione del “Piano paesaggistico” non ha favorito, come auspicato dal Coordinamento regionale della Proprietà collettiva, di sciogliere due nodi, con gravi conseguenze per le Comunità titolari dei Beni collettivi e per la protezione del Paesaggio regionale:
a. La mancanza di un censimento regionale, completo e ufficiale, di tutti gli Assetti fondiari collettivi;
b. Il riconoscimento pieno della gestione patrimoniale comunitaria degli Assetti fondiari collettivi nel rispetto dei caratteri loro propri di inalienabilità, inusucapibilità, indivisibilità e perpetua destinazione agro-silvo-pastorale.

Per favorire una sollecita risoluzione del primo problema, scongiurando il pericolo di impugnazioni governative o di ricorsi contro il “Piano paesaggistico regionale”, il Coordinamento ha proposto all’Assessorato alla Pianificazione territoriale – e qui ripropone, con forza, al Consiglio regionale – l’applicazione del principio di “Presunzione di demanialità civica”, secondo il quale, essendo i Comuni sorti come enti amministrativi solo con la dominazione francese, tutti i beni che figurano ad essi appartenenti sono da presumere, salvo prova contraria, della Comunità, ossia Demanio universale soggetto agli usi civici degli abitanti del luogo e, pertanto, indisponibili. L’applicazione di tale principio è stata avallata da significativi pronunciamenti del Commissariato regionale agli usi civici il quale, più volte, ha specificato che sono sottratti all’applicazione della legge del 1766 e, dunque, non rientrano tra i beni sottoposti a vincolo paesaggistico, soltanto i Beni «già aventi la definitiva destinazione di servire all’uso pubblico (strade, piazze, campi sportivi, cimiteri, ecc.) e quelli considerati patrimoniali del Comune (cioè provenienti da atti di compravendita, legati, donazioni, ecc.)». Spetta dunque ai Comuni l’onere di dimostrare l’eventuale patrimonialità di parte dei Beni affidati alla loro gestione e, laddove tale patrimonialità non fosse dimostrabile, i Beni agro-silvo-pastorali gestiti dai Comuni vanno ascritti al Demanio collettivo e, dunque, rientrano fra i Beni tutelati “ex lege” dal “Piano paesaggistico regionale”.

Il tema della gestione, invece, richiama ancora una volta l’attenzione sull’inqualificabile ritardo della Regione Friuli-V. G. nel dare applicazione al suo Statuto di autonomia speciale, mediante l’approvazione di una normativa organica per l’applicazione dei principi costituzionali (Costituzione, articoli 2, 3, 9, 42, 43 e 118) e delle norme di riferimento riguardanti gli Assetti fondiari collettivi (Leggi statali n. 1766/1927, n. 278/1957 e n. 97/1994).

Per concludere, il Coordinamento regionale della Proprietà collettiva non ha alcun timore che il riconoscimento paesaggistico possa risultare un intralcio all’economia rurale e allo sviluppo autosostenibile e solidale delle Comunità territoriali, in quanto lo spirito e i limiti della protezione prevista dal Codice dei Beni culturali per gli Assetti fondiari collettivi riconosce il ruolo essenziale della gestione patrimoniale comunitaria e del libero svolgimento delle pratiche agro-silvo-pastorali e delle attività ad esse connesse.
La tutela del “Piano paesaggistico regionale” può essere temuta e contrastata soltanto da chi ha interesse che i Patrimoni collettivi vengano abbandonati a se stessi o siano utilizzati per funzioni incompatibili con la loro natura comunitaria o con la loro valenza agro-silvo-pastorale e ambientale; o peggio ancora, da chi ha interesse che continuino forme occulte o palesi di usurpazione e privatizzazione, attraverso gestioni verticistiche e antidemocratiche.

Tolmezzo, 12 luglio 2017